mercoledì 18 aprile 2007

Un "Galileo" audace un pò Einstein un pò sognatore


Per accontentare "CIP e CIOP" ecco qua Franco Branciaroli:...


Fin dal clamoroso esordio italiano del 1963, nella mirabile regia di Giorgio Strehler con Buazzelli protagonista, pesa su Vita di Galileo una interdizione che sa di intimidazione. Dal momento che quasi ogni interprete della straordinaria biografia ha puntato tutto sul conflitto tra l'assillo della ricerca e la staticità del potere. Esemplata nel grande «dramma a stazioni» d'eredità espressionista (la prima stesura di Leben des Galilei risale al'36) nella guerra ad oltranza mossa dalla Chiesa all'inarrestabile work in progress delle scoperte dello scienziato. Con l'inevitabile conseguenza di scorgere nel nemico della matematica pura non solo il Vaticano che giunge a minacciare la tortura all'audace indagatore dello spazio celeste ma ogni potere repressivo.Da Strehler in poi, sia pure con diversi esiti espressivi e una connotazione sempre più spregiudicata nel disegno del protagonista, tutti i teatranti che hanno voluto cimentarsi con quest’opera han preferito citare alla lettera l'impressionante silloge del drammaturgo di Augusta sorvolando sulle eterne implicazioni cui è sottoposta la verifica empirica. Per fortuna, a rimettere le carte in gioco con un'audacia che non ha precedenti, arriva Franco Branciaroli. Un attore che mai si è limitato a ricalcare le vie intraprese da altri preferendo lo scandaglio inesorabile del nuovo. Ed è a un interprete come lui, di specie taumaturgica per la sua incredibile capacità di dar vita allo spazio illuminando lo spettacolo al di là di chi ne firma la regia, che questo Galileo deve la sua sostanziale unicità.Inquadrata la vicenda tra un omaggio ad Einstein che ammonisce sui pericoli dell'energia e il maledetto fungo atomico di Hiroshima, Branciaroli in nero colletto da clergyman a mezza via tra il sacerdote della nuova scienza e Sarastro, il mozartiano poeta della luce che investiga il cosmo nel Flauto magico, illustra con sapienza oracolare il tortuoso cammino di chi codifica i segni dell'habitat in cui viviamo. In un exitus memorabile cui concorre l'appassionato e veemente Emiliano Coltorti nelle vesti dell'amato discepolo Andrea Sarti.

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